FERMENTO | 10 settembre – 2 ottobre 2021
FERMENTO
di Sara Bargiacchi e Alice Corbetta
a cura di Erica Romano
Fatto di terra, la cui storia si riassume, si prolunga e si trasforma tutta quanta in lui;
vivificato da un soffio divino che lo rende eterno, una “eternità germinale”,
l’uomo deve accettare la sua doppia origine, che costituisce la sua doppia natura,
non già come l’implacabile segno di una duplice oppressione,
ma come il punto di partenza di una duplice liberazione.
Henri-Marie De Lubac
Fermento è la doppia personale delle artiste Sara Bargiacchi (Pistoia, 1984) e Alice Corbetta (Milano, 1964), una mostra che insieme ad una panoramica della loro più recente produzione, presenta anche opere inedite realizzate per lo spazio espositivo della cantina bolgherese Michele Satta, pensate per dialogare con il territorio di cui l’impresa a conduzione familiare è parte integrante, con la sua storia e i suoi vini. Nella terra degli Etruschi, primi viticoltori in Italia, ai quali si deve la diffusione stessa della cultura del vino presso i Romani e in tutto l’occidente, Castagneto Carducci e Bolgheri facevano parte della famosa città-stato di Populonia affacciata sul mare, di cui oggi restano pochi ruderi e dal cui porto partivano varie rotte, soprattutto verso il Mediterraneo orientale, per importarne non solo nuove varietà di piante di vite, ma anche usi rituali legati al consumo del vino nonché una ricca simbologia cultuale e religiosa. Un’eredità radicale e radicata che nel tempo si è fatta arte, filosofia, stile di vita. Le artiste si sono inserite in questo tessuto di corde antiche e indissolubili, grazie ad acume, delicatezza e sensibilità con lavori originali che interagiscono all’interno di una storia tanto significativa, teatro millenario di eventi la cui eco arriva fino ai giorni nostri. Ciò che le accomuna è un desiderio febbrile di progettualità, che dà forma alle idee e al sentire, nascondendo sotto la propria pelle uno stato di agitazione, uno spirito di rivolta o anche soltanto uno stato d’inquietudine, di eccitazione o di movimento inusuale che è sintomo di una volontà d’innovazione, di un’indole effervescente capace di porre e suscitare problemi. L’idea, infatti, di sviluppare insieme il concetto di “fermento” (dal lat. fermentum, der. di una radice affine a fervēre, “bollire, essere in moto”), suggerisce immagini brulicanti e cariche di energia, desiderose di esprimersi e svelarsi sotto una nuova veste, dopo un lungo processo spesso celato ai più. Esattamente come avviene per la nascita di un vino, in cui l’energia è un bene prezioso e necessario alla fermentazione, la quale determina lo sviluppo individuale del vino stesso, anche per l’opera d’arte l’energia è un elemento primario e fondamentale all’interno della sua crescita verso la forma. Il processo creativo, infatti, è come materia viva in fermentazione, un fermento interiore la cui intensità è data da una sorta di danza magica dell’anima, in cui l’artista “inventa” la vita, dandole forma, colore, sapore.
Dall’intensa collaborazione tra intra ed extra, la natura manifesta la sua essenza, e se per un vino la fermentazione è la scatola nera di quella che sarà la sua etichetta e lo stile di vita che asseconderà, il processo creativo è quel potenziale evolutivo in fieri che sviluppa nell’opera i suoi tratti unici e distintivi, i suoi aspetti caratteristici e inequivocabili.
Le singole produzioni di Sara Bargiacchi e Alice Corbetta sembrano essere la manifestazione di un fermento sub cutaneo, esplicandosi in un susseguirsi di eventi emotivi che si offrono con discrezione allo sguardo altrui, senza invaderne lo spazio, ma suggerendo percorsi.
Sara Bargiacchi introduce lo spettatore nel suo stesso modo di vedere guidandolo in una lettura della realtà che stimola l’immaginazione e genera poesia. Sempre in linea con una certa sensibilità narrativa, come un raccontare per immagini, il dinamismo tra la rappresentazione fotografica e quella video è una perfetta combinazione di sinergie, in cui l’artista riporta senza filtri il modus operandi umano che si specchia in quello della natura. Ne scaturisce sempre un doppio ritratto, candido e puntuale, di una natura magistra e di un’umanità discipula. Con Alice Corbetta, invece, ci troviamo di fronte ad un universo stratigrafico, ricco di fasi e velature, in cui la soggettività diventa la sua principale risorsa. Superfici dense e materiche, la prima cosa che incontra il nostro sguardo è il loro aspetto epidermico, richiamando geografie emotive. La pluriennale esperienza nel textile design ha reso Alice una profonda conoscitrice dei diversi materiali, fino al punto di trasformare il suo modo di vederli, ma soprattutto di sentirli. Sulle superfici, infatti, le emozioni fluiscono come fossero un’estensione del corpo stesso dell’artista e del suo spirito, formando insieme un unico grande territorio sensibile.
Fermento è un progetto espositivo che si propone di suggerire così nuove visioni, creando nessi e corrispondenze inaspettate, e formare capacità di vedere, intra-vedere e restituire la realtà.